La solitudine: limite o risorsa?

La solitudine: limite o risorsa?

Parlare della solitudine e chiarirne il significato è un compito arduo e complesso. La parola solitudine richiama tante immagini e tante sensazioni, è un termine che definisce diversi stati d’animo, sentimenti e modi di rapportarsi a se stessi e agli altri.

L’esperienza della solitudine può rappresentare il risultato di una scelta, di una situazione accidentale o di una condizione di isolamento subita. In tutti i casi è un’esperienza che, in maniera più o meno dolorosa, abbiamo fatto tutti e come un’ombra ci accompagna in diversi momenti della vita, dalla nascita fino alla morte.

Se per parlarne non dovessi usare le parole, l’immagine che utilizzerei per descriverla è quella di un’opera del 1890 dell’artista Frederic Leighton dal titolo appunto Solitudine.

Perché questa immagine?

File:Frederick Leighton - Solitude.jpg
Frederick Leighton – Solitudine

Senza avventurarmi in una recensione artistica, ciò che colpisce

 di questa opera è che tra luci e ombre è possibile scorgere le diverse sfaccettature del concetto di solitudine.

Nel guardare la figura immersa in uno spazio indefinito, ad esempio, emerge tutta l’ambivalenza del sentimento dell’essere soli. Guardando il volto della donna verrebbe da chiedersi “è triste o è assorta nei suoi pensieri? La posa è quella di una persona sofferente, chiusa nel dolore o di una persona che si culla dolcemente nel suo mondo interiore?

 

Qual è la risposta giusta?

Non esiste una risposta giusta, se non quella che “dipende dall’osservatore!”.

Già, il modo di concepire la solitudine dipende dagli occhi di chi la guarda, dal significato che le attribuisce e dall’esperienza che ne fa.

Tutte le persone, fanno o hanno fatto esperienza della solitudine nella vita, inoltre tale fenomeno risulta indipendente dal fatto di trovarsi concretamente soli o in relazione con qualcuno. Basti pensare che si può avere la sensazione di essere completamente soli in mezzo a una moltitudine di persone con le quali non si condivide un legame particolare oppure sperimentare un forte senso di vicinanza con persone lontane, come risultato di un’esperienza interiore di rapporti altamente significativi.

 

Ma di quale solitudine parlerò in questo articolo?

Nell’articolo non mi occuperò della solitudine come esperienza ricercata e positiva, intesa come distacco dal mondo per rigenerarsi o per esprimere al meglio la propria creatività.

Parlerò della solitudine sofferta ovvero di quella condizione che genera vuoto, assenza e nelle forme più gravi isolamento e disperazione.

 

A questo punto viene da chiedersi ma soli si nasce o si diventa?

La solitudine non è una caratteristica della personalità, né una disfunzione del comportamento, ma come già detto sopra, la solitudine è una condizione presente nella vita di tutti. Quante volte nella vita ci capita di affrontare situazioni in cui non abbiamo altra scelta che superarle da soli o per meglio dire in autonomia?  

Quando abbiamo imparato a camminare, ad esempio, anche se per pochi istanti siamo stati completamente da soli nel muovere i primi passi. Senza quel momento di assenza di aiuto del genitore, non sarebbe stato possibile diventare grandi e così in tanti altri momenti della vita.

Superare ostacoli autonomamente ci rende forti, aumenta il senso di efficacia e di indipendenza.

 

Ma quando la solitudine è un problema?

L’esperienza di solitudine che porta alla sofferenza è una condizione soggettiva alla quale la persona può arrivare percorrendo varie strade. Ad esempio la difficoltà ad avere relazioni soddisfacenti alla lunga può portare all’isolamento a alla rinuncia del rapporto con gli altri. Così come la presenza di pensieri negativi sulle relazioni e la paura del giudizio possono generare la convinzione che gli altri siano potenziali nemici.

In tali circostanze la presenza di altre persone, sebbene desiderata, potrebbe essere percepita al contempo come minacciosa. Il senso di disperazione e l’idea di sentirsi irrimediabilmente soli, in quanto circondati solo da nemici, possono apparire come le uniche realtà possibili.

 

Quali sono le soluzioni che le persone mettono in atto di fronte a tale condizione?  

Spesso le persone scelgono due strade per affrontare la solitudine sofferente, la prima è quella di ritirarsi completamente dalle relazioni per evitare la spiacevole sensazione di sentirsi rifiutati, soli e senza speranza; la seconda è quella di avere tante relazioni e contatti pur di non rimanere sole, sedando solo per poco tempo il vuoto e la paura di sentirsi di nuovo soli. In entrambi i casi l’effetto è quello di allargare il vuoto intorno a sé

 

Come rendere la solitudine una risorsa?

Per muovere i primi passi verso una solitudine efficace è importante ricordarsi che l’uomo è in costante relazione con se stesso, con gli altri e con il mondo e in tal senso anche con la propria solitudine.  

Evitarla sarebbe un’impresa impossibile e l’unica strada per avere un rapporto equilibrato con essa è quello di imparare a stare bene con gli altri, per stare bene da soli e viceversa imparare a stare bene da soli, per stare bene con gli altri.

 

Cosa bisogna fare quindi per mantenere un’efficace interdipendenza tra l’essere soli e lo stare con gli altri?

  • Se la paura del rifiuto degli altri porta verso l’isolamento è necessario smettere di evitare le situazioni relazionali che pongono di fronte a tale disagio e, a piccoli passi, riavviare il piacere della relazione come esperienza intima e significativa. Affrontare la paura a piccole dosi, attraverso un’esposizione graduale o attraverso tecniche che permettono di gestire l’ansia, i pensieri negativi e il rimuginio, permetterà di aumentare il senso di efficacia e concedersi il piacere dello stara insieme all’altro/a.

           

  • Se il disagio provato nell’essere soli si tramuta in uno sforzo relazionale con l’intento di piacere a tutti i costi agli altri, allora sarà importante frenare al più presto tale soluzione. Avere tante relazioni solo per evitare la sensazione di disagio dello stare soli, non solo non ci metterà al riparo da tale pericolo, ma potrà portare a uno spiacevole paradosso, ovvero il blocco di tutte quelle reazioni fisiche ed emotive spontanee che si potrebbero avere quando i rapporti nascono senza sforzi, finendo nel peggiore dei casi per rimanere completamente “paralizzati”.  

 

Conclusioni

La solitudine è un fenomeno dal quale non è possibile separarsi, la si può ricercare per crescere o imparare a gestirla per non rimanerne sopraffatti. A volte tale condizione può essere la conseguenza di un malessere o un disagio più grandi, ma in ogni caso, come diceva lo scrittore Gustave Flaubert “La solitudine permette di non sottometterci a nessuna compagnia” soprattutto quando la si può trasformare in una risorsa.

 

Angelica Giannetti
Psicologa, Psicoterapeuta
Terapie Brevi

Add Your Comment